Oggi vi voglio far conoscere, per chi non la conosce una delle celebri canzoni della tradizione Siciliana.
Tutti, almeno una volta, l’abbiamo sentita o canticchiata, ma pochi sanno cosa vuol dire.
Le canzoni della tradizione siciliana ti vengono in mente e non ti escono piú.
Nonostante molte di esse siano davvero famose, non tutti sanno cosa significano veramente.
Questa è una pratica molto comune: spesso canticchiamo una canzone senza nemmeno pensare a cosa sta cercando di dirci.
Qual è la vera storia di Vitti ‘na crozza?
Vitti ‘na crozza (Vidi un teschio) è una famosa canzone popolare siciliana su testo di autore sconosciuto, musicata dal compositore Maestro Franco Li Causi.
Pietro Germi ad Agrigento nel 1950. È arrivato in Sicilia per girare il film “La strada della speranza”. Nella Città dei Templi, deve incontrare il maestro Franco Li Causi, al quale ha dato l’incarico di comporre “un motivo allegro-tragico-sentimentale” per il suo film.
Li Causi ha fatto ascoltare a Germi le sue proposte per un intero pomeriggio, ma non è riuscito a convincere il regista, che ha chiesto al musicista agrigentino un brano dalla forte ispirazione pop che esprimesse la drammatica vicenda che vuole portare sul grande schermo.
Si sarebbero rivisti l’indomani sul set del film che si girava a Favara per continuare quell’incontro di lavoro.
Il giorno dopo, Li Causi, che vive ad Agrigento, «è rimasto panne con la sua auto mentre andava a Favara e si fermó in un edificio in campagna per chiedere aiuto.
secondo il racconto che Franco Li Causi fece a Gerlando Salamone, sassofonista nell’orchestra dei fratelli Li Causi , scorse un contadino che zappava la terra e mentre zappava cantava la prima strofa della canzone “Vitti na crozza“.
Il brano del contadino Giuseppe Cibardo Bisaccia, che da molti anni lavora come minatore, è uno dei tanti nati nelle miniere della Sicilia. Li Causi prese quel giorno il vecchio Giuseppe da Germi per fargli ascoltare la musica. Il vecchio minatore cominciò a dire: «Vitti ‘na crozza supra nu cannoni / fui curiusu e ci vosi spiari / idda m’arrispunniu cu gran duluri / muriri senza toccu di campani…».
Alla fine il regista rimase folgorato da quei versi, ma non dalla melodia. Essi avevano secondo Germi, proprio quel carattere drammatico che il regista voleva rappresentare, ma occorreva adattare la canzone alle esigenze cinematografiche.
Chiese a Li Causi di musicarli, scegliendo una con melodia tragico-sentimentale, ma anche allegra.
Fu così che la canzone entrò di diritto nella colonna sonora del film così da essere conosciuta in breve tempo in tutta Italia.
Fu celebre la canzone, ma non il suo autore.
Nei titoli di testa e di coda non troviamo infatti Franco Li Causi.
Li Causi decise di incidere la sua canzone. Durante l’esibizione di gruppi folkloristici in occasione della Sagra del Mandorlo in Fiore, che si svolge da diversi anni ad Agrigento, aveva conosciuto il tenore Michelangelo Verso. A Li Causi piacque la voce chiara, limpida, squillante e incisiva e il modo di interpretare di Michelangelo Verso e gli chiese di eseguire “Vitti na crozza”.
Venne deciso di inciderla a 78 giri dalla casa discografica Cetra a Torino nel 1951.
L’accompagnamento era composto di solo tre strumenti: Franco Li Causi al mandolino, Totò Li Causi alla chitarra e al contrabbasso era stato ingaggiato un musicista dell’Orchestra Angelini.
Qual é il vero significato della celebre canzone?
Questa non è una canzone felice. Tutt’altro .
Il vero significato di queste parole ci riporta al mondo delle zolfare, fatto di faticossimo lavoro e di sofferenza. Alcuni scrittori siciliani descrivono un mondo in modo magistrale: basti ricordare che Ciàula scopre la luna, celebre racconto di Luigi Pirandello. Insomma, questa canzone ci ricorda la sofferenza e l’ingiustizia di coloro che hanno trascorso gran parte della loro vita nelle miniere di zolfo della vecchia Sicilia, e se aveva la sventura di morire tra le viscere della terra lì restava, sepolto senza nemmeno “un toccu ‘ri campane”.
A raccontare questa famosa e amara canzone è Sava Favarò, artista siciliana a tutto tondo: scrittrice, giornalista e cantante. In questo caso, autrice di un libro – Storia di Vitti ‘na crozza (edizioni Qanat).
Protagonista della canzone è “na crozza,” ossia un teschio. Un teschio che, attraverso il suo racconto, si fa promotore di una forte denuncia sociale, rivolta principalmente contro determinate usanze della Chiesa cattolica di un tempo. La maggior parte delle persone ha sempre ritenuto che il famoso ‘cannuni’ dove si trova il teschio, protagonista della canzone, fosse il pezzo di artiglieria cilindrico utilizzato per fini bellici, e che la canzone si riferisca ad un tragico evento di guerra. Ma così non è!”
Si tratterebbe invece di un testo nato nelle miniere.
Scrive l’autrice: «Pochi sanno, che nelle miniere siciliane con il termine cannuni, nella sua accezione di “grande bocca”, si indicava il boccaporto d’ingresso delle miniere. Una grande bocca che inghiottiva gli uomini nelle sue viscere e che, talvolta, non li restituiva alla vita… non c’è dubbio che il teschio oggetto della canzone è alla disperata ricerca della pace dell’anima, irraggiungibile finché una mano pietosa non ne avrà composto i resti mortali, non avrà fatto rintoccare le campane a morte e non sarà celebrata una messa in sua prece.
Vitti ‘na crozza ( Testo originale)
Vitti na crozza supra nu cannuni,
fui curiuso e ci vossi spiari,
idda m’arrispunniu cu gran duluri
“murivi senza un tocco di campani”.
Si nni eru si nni eru li me anni,
si nni eru si nni eru un sacciu unni.
Ora ca sugnu vecchio di ottantanni,
chiamu la morti i idda m arrispunni.
Cunzatimi cunzatimi lu me letto,
ca di li vermi su manciatu tuttu.
Si nun lu scuntu cca lume peccatu
lu scuntu allautra vita a chiantu ruttu.
C’e’ nu giardinu ammezu di lu mari,
tuttu ntssutu di aranci e ciuri.
Tutti l’acceddi cci vannu a cantari,
puru i sireni cci fannu all’amuri.
Franco Li Causi ha combattuto una intera vita per ottenere il suo giusto riconoscimento per la sua canzone.
I diritti d’autore dalla SIAE. Ma questa paternità non gli sarà riconosciuta per molto tempo, nonostante il maestro agrigentino avesse inviato subito la composizione in deposito SIAE. Cantanti famosi hanno cercato di rubargli tali diritti d’autore. Ha vinto la sua battaglia solo poco prima di morire (si è spento il 4 giugno 1980).
Le Tradizioni Siciliane sono culture e questo blog per me è uno dei più caratteristici soprattutto per le antiche tradizioni Siciliani.
salve, vorrei sapere a quando risale il testo di vitti na crozza, poi musicato negli anni ’50. Da siciliana, conosco bene questo canto e ritenevo che fosse molto antico, sia la musica che le parole. Scopro solo adesso che la musica fu concepita per la colonna sonora di un film di Germi. Mi chiedo però se le parole, cantate da quel contadino incontrato per caso, siano molto più antiche e risalgano a qualche vicenda anteriore alle zolfare e al significato successivo che gli si è attribuito. Sono convinta che vitti na crozza, almeno l’origine del suo testo, possa essere addirittura medioevale o rinascimentale ma non trovo nessuna informazione al riguardo. . . Saprebbe aiutarmi? Grazie.
PS Sarebbe interessante sapere con quale melodia Giuseppe Cibardo Bisaccia avrebbe intonato vitti na crozza, quando fu ascoltato da LiCausi.
Salve Signora Arianna, l’origine del testo di “Vitti ‘na crozza” è incerta e non si conosce con certezza la datazione precisa della sua composizione. Alcuni studi suggeriscono che il testo potrebbe addirittura risalire al periodo medioevale o rinascimentale, mentre altri lo collocano in un periodo successivo, probabilmente tra il XVII e il XVIII secolo.
Tuttavia, non esiste alcuna prova concreta riguardo all’origine del testo di “Vitti ‘na crozza”.