Oggi, vi voglio parlare di un’altra antica tradizione oppure meglio una espressione Siciliana.
La lingua siciliana non finisce mai di stupirci!
Riesce sempre a sorprenderci, soprattutto quando ci si addentra nei modi di dire più famosi.
Prendiamo ad esempio l’argomento che ho scelto oggi per voi “Liccari ‘a sarda”, ovvero “Leccare la sarda”.
Questa espressione, usata anche come “Liccarisi ‘a sarda”, indica una condizione di povertà o di disagio economico, in una condizione di estrema precarietà, essere costretti a stringere di molto la cinghia o, in senso più lato, rimanere a bocca asciutta in una situazione.
Ma perché le sardine dovrebbero essere messe in discussione? È vero che in Sicilia i sardi sono i protagonisti della cucina, ma in questo caso il significato deriva da un uso antico e ben preciso, di cui vi voglio raccontare.
In passato le famiglie più povere appendevano le loro sardine salate alle code dei lampadari o delle travi dei letti. Questo pesce è un alimento molto gustoso e facilmente reperibile.
Quindi anche le famiglie povere possono permettersi le sardine e cercano di ottenerne il più possibile.
Cosa facevano?
Prendevano il pane, lo strisciavano sulle sardine o semplicemente leccavano direttamente le sardine. In questo modo il pesce sprigiona il suo sapore ma non viene consumato, rimaneva appeso e, quindi, si poteva utilizzare più a lungo.
Certo, sembra davvero strano sentirlo adesso, ma dell’usanza è testimoniato già dal poeta palermitano Giovanni Meli (1740-1815),
che in una delle sue poesia filosofiche, “Su lu piaciri”, descrive tra gli altri tipi umani chi è disposto a vivere da povero pur di accumulare ricchezze: “Cui lu cerca ‘ntra summi smisurati, / E si suca la sarda; acciò sparagni” (“C’è chi lo ricerca il piacere in ricchezze smisurate e si succhia la sarda pur di risparmiare”)